Negli ultimi anni la terapia manuale è stata parecchio criticata nel mondo della fisioterapia, tanto che si è parlato di una sorta di demonizzazione della stessa. Per terapia manuale si intende quell’insieme di movimenti manuali qualificati volti a produrre uno o tutti i seguenti effetti: migliorare l’estensibilità dei tessuti, aumentare il range di movimento, mobilizzare o manipolare tessuti molli e articolazioni, indurre il rilassamento, condizionare la funzione muscolare, stabilizzare il complesso articolare, modulare il dolore, ridurre il gonfiore dei tessuti molli, l’infiammazione e la restrizione del movimento.
Chad Cook, fisioterapista e ricercatore, ritiene che in medicina, quando una cosa non piace o non è compresa viene demonizzata. I dubbi e le opinioni popolari hanno fomentato la condanna della terapia manuale da parte di molti terapisti. È diffusa l’idea che non vi siano effetti specifici associati alla terapia manuale e che questa possa persino causare dipendenza con conseguente basso senso di autoefficacia (l’attitudine di un individuo di credere nella propria capacità di realizzare quei comportamenti necessari al raggiungimento di specifiche prestazioni). Ovviamente, non vi sono prove scientifiche a sostegno di queste teorie. Non vi sono nemmeno studi che dimostrino che la terapia manuale porta a una minore autoefficacia del paziente. Anzi, i pazienti, con una bassa autoefficacia, sono più disposti a ricercare farmaci analgesici, attività passive e, quindi, terapie manuali.
Talvolta, si crede che la terapia manuale fornisca solo cambiamenti a breve termine, e non a lungo termine, ma non è assolutamente vero. La terapia manuale, se usata correttamente, può essere un’opzione efficace per la modulazione del dolore. Può essere efficace su pazienti adattivi al dolore e che non abbiano particolari credenze sulla loro condizione o disturbi legati al dolore stesso meglio gestibili con altri approcci.
Ci sono tre modi per poter dire che la terapia manuale è efficace, tenendo conto dei suoi effetti biomeccanici, neurofisiologici e neuropsicologici.
Tra gli effetti neurofisiologici, il più importante è l’ipoalgesia locale (diminuzione della sensibilità al dolore) ma anche l’azione sul sistema nervoso simpatico e parasimpatico (cambiamenti nel sistema nervoso simpatico: flusso sanguigno, temperatura, sudorazione), la diminuzione della percezione del dolore nel sistema nervoso centrale a fronte di uno stimolo doloroso ripetuto, il cambiamento nei mediatori infiammatori periferici, e il miglioramento dell’esperienza dolorosa in diverse aree del SNC. Si possono registrare, inoltre, cambiamenti neuropsicologici: miglioramenti dello stato emotivo conseguenti alla riduzione dei sintomi e la variazione positiva delle aspettative del paziente.
Le tecniche di terapia manuale intervengono anche quando si vuole aiutare il paziente a recuperare la sua mobilità, o quando è richiesto un lavoro di mantenimento della mobilità acquisita. Un bravo professionista è anche abilitato a supportare il paziente nel fornirgli indicazioni, suggerimenti e aiuto per il mantenimento di uno stato di salute ottimale, a livello neurologico, osseo e muscolare.
Un ciclo di sedute di terapia manuale garantisce una sensibile diminuzione del dolore ed un aumento di elasticità della zona trattata. In conseguenza dello scioglimento muscolare e di una riattivata risposta neurale, anche le problematiche relative alle ossa sembrano trarne giovamento.